SERVIZIO DI DIETOLOGIA APPLICATA...

... nel corso della nostra NELT, successivamente ad essa, o da essa indipendente.
Come detto all'inizio, la NELT non è un metodo di controllo del peso: dà un'ottima "spinta iniziale", ma da sola non basta, non può bastare. Ecco la ragione per la quale abbiamo deciso di dotarci di un servizio avanzato di dietologia applicata, anche indipendente, nei suoi scopi e finalità, da quelli propri della NELT. Questo, per gli elementi di seguito elencati:
   - 1) Tanto per cominciare, i soggetti che dovessero avere bisogno di più di un ciclo (tutti quelli che presentino, all'inizio, un eccesso ponderale che si attesti chiaramente oltre i 10 Kg., rispetto al teorico), avranno bisogno di un regime dietetico specifico, bilanciato e controllato, tra un ciclo di NELT e quello successivo, onde non vanificare oltre il lecito, nel corso degli "intervalli", quanto guadagnato nel corso del ciclo precedente, e massimizzare nella misura del possibile i vantaggi sull'eccesso ponderale che ci si prefigga di raggiungere con la somma di più cicli. Il nostro servizio fornirà a tutti i soggetti che ci si rivolgano l'assistenza dietologica (cicli di dietoterapia mirata da seguire nel corso dei periodi intervallari, sempre accompagnati dall'obbligatorio "mercoledì delle proteine") e comportamentale specifica per questo scopo.
   - 2) Inoltre, va perseguito l'obiettivo di consolidare nel tempo, nei limiti del possibile, i risultati conseguiti con la NELT, e questo si potrà ottenere solo con un corretto progetto di educazione alimentare proiettato nel futuro, al fine di evitare controproducenti, dannosi e scoraggianti effetti "rebound". Il nostro servizio consentirà anche, a chi lo vorrà, di poter accedere ad un completo servizio di dietologia applicata a lungo termine, con prescrizioni dietetiche fornite immediatamente nel post-NELT, o anche a distanza, ove il soggetto in questione se ne presentasse interessato.
   - 3) Il paziente in sovrappeso potrebbe volere partire con un calo rapido iniziale dell'eccesso ponderale, ed usare il primo risultato, pur incompleto, solo in qualità di punto di partenza per continuare a perdere il restante eccesso con un regime dietetico, bilanciato e integrato, di tipo "tradizionale". Il servizio sarà in grado di venire incontro a simile esigenza.
   - 4) Infine, in occasione dell'incontro preliminare con il medico, causa il non rilevante eccesso ponderale presentato, ovvero causa l'impossibilità, pur rara, di accedere alla NELT per ragioni di ordine clinico individuale, si potrebbe decidere di concordare con il medico un percorso dietologico integrato di tipo "tradizionale" come unico mezzo di riduzione (o mantenimento) del peso. Il nostro servizio è in grado di aiutare, ognuno che lo voglia, anche in questa specifica direzione operativa.

    Le nostre prescrizioni dietoterapiche hanno, comunque, carattere peculiare rispetto a quello che si vede in giro normalmente, essendo il concetto dell'intake calorico da noi non dico negato, ma, comunque, opportunamente integrato, con piccole regole, trucchi, facili e innocue scorciatoie (le "chiavi per evadere" della seconda pagina del sito), ognuno e ognuna di essi pensati per coloro i quali abbiano la volontà di mantenere il peso raggiunto, ma non abbiano mai dimostrato (e sono quasi tutti...) la forza di poterlo fare davvero, e con le loro proprie forze (che è poi la ragione dei fallimenti che si manifestano nel 95% dei tentativi di dimagrimento "classici", quelli, per intenderci, basati solo sulle "poche calorie").

    Il metodo dell'educazione alle "poche calorie", e della loro imposizione da parte del medico preparato e all'uopo incaricato, va benissimo in alcune selezionatissime, assolutamente minoritarie, situazioni: una per tutte, la gestione organizzativa, logistica, scientifica, educativa, dei servizi di mensa scolastica. In tale esigua minoranza di situazioni è di relativamente facile attuazione "imporre" verdure crude all'inizio del pasto, maggiore presenza di vegetali e legumi nei pasti serviti ai bambini, grassi insaturi di origine vegetale, frutta a basso tenore di zuccheri, sostanziale eliminazione di carboidrati semplici (quelli ad elevato Indice Glicemico), maggiore presenza di fibre indigeribili, drastica riduzione dei grassi saturi di derivazione animale, apporti calorici complessivi controllati e bilanciati. Bene, anzi di più, benissimo, anche in considerazione del fatto che tale impostazione di lavoro va incontro, e meritoriamente, anche ai desiderata -più o meno consapevoli, più o meno "di moda"- dei genitori più attenti, quelli sensibili al binomio -pure tanto negletto dai più- di "Natura & Salute". E però, a pensarci bene, qual è il tipo di target a cui questi servizi vengono indirizzati? Bambini di varia età, costretti, per ovvie ragioni "istituzionali", in un ambito confinato e chiuso, protetto, controllati da altri, senza alcuna possibilità di accesso a "valvole di sfogo" diverse, alimentari e non. Ma "fuori", e "dopo"? Già quegli stessi bambini torneranno a casa, nel pomeriggio, e vi troveranno una organizzazione familiare che, nella gran maggioranza dei casi, li lascia ("colpevolmente", non c'è che dire, ma a volte si tratta di "colpe" genitoriali realisticamente poco evitabili) davanti alla X-Box (o a qualche diversa, ma analoga, diavoleria), con in mano un qualche Kinder, o Chipsters, o Nutella, pop-corn, patatine, Ringo, o che so io. Ma questo è ancora il meno: quei bambini, ancora in qualche misura sorvegliabili, saranno presto dei giovani adulti non più sottoponibili a stretti controlli. Rimarranno, per lo più, in balia del "gruppo", e degli onnipresenti bombardamenti pubblicitari di una vorace (è il caso di dire) e pervasiva industria alimentare. E con piena libertà di accesso al frigorifero di casa, alla macchinetta distributrice di bibite e merendine (tutte variamente ben zavorrate di deleterie calorie), al bar all'angolo dove "farsi una birretta" (se va bene), all'Autogrill sull'autostrada, al pub in centro, al MacDonald's o al Burger King a due passi da casa, oppure all'Hard Rock Cafè della città alla moda, meta delle ambite vacanze. E allora, chi potrà più controllare tutte quelle belle cose che abbiamo visto come agevolmente sorvegliabili al tempo della scuola? E quando, nonostante corretti controlli e giusta educazione alimentare, il danno -sotto le forme di "trippa" in eccesso- si troverà comunque ad essere già stato fatto, come faccio a riparare? Come faccio a tornare indietro, a "30 chili fa"? Non certo con le "poche calorie" e la "bilancia in cucina", mezzi cari ai tanti nutrizionisti, pure scientificamente preparati. Intelligentemente, fatti due calcoli, qualcuno non ci si proverà neanche, a partire; qualcun altro, che i conti non se li era fatti prima, si troverà prima o poi costretto a farli con la dura realtà fattuale delle cose, e si fermerà presto, in corso d'opera. L'ultimo gruppo riuscirà ad appressarsi in qualche modo alla meta agognata, salvo poi però, quasi invariabilmente, non riuscire ad evitare di tornare indietro, lì da dove era partito (o anche più in là), sfiancato dai lunghi tempi di trattamento, talmente deprimenti e penosi da avere fatto vivere loro il termine degli stessi come la liberatoria "fine di un incubo" (sappiamo per certo di qualcuno che ha festeggiato il "peso sperato raggiunto" con una cena tra amici, pasteggiando a spumante!!!): ed è il fatale precipitare per tanti, inutili, sacrifici. La base di partenza per l'inevitabile sfiducia in eventuali nuovi tentativi futuri (quelli che, regolarmente, "cominciano lunedì": tanto, non è detto che sarà lunedì prossimo, nè qualcuno potrà mai dire con esattezza di quale lunedì si parli...). Il deleterio inizio del "su e giù"; le esiziali, annose, "montagne russe" del peso.

    E invece, come si noterà leggendo, su questo sito, la pagina finale, quella dedicata alle "Curiosità...", il peso raggiunto può essere mantenuto, con relativamente basso grado di "sacrificio": bastano poche e semplici regole quotidiane. QUOTIDIANE, per l'appunto, perchè non si deve mai dimenticare che un soggetto che sia già stato obeso SARA' PER SEMPRE A forte RISCHIO DI RITORNARE AD ESSERLO: uno che sia stato obeso, infatti, non "guarisce" mai, non può "guarire". Sarà obeso per sempre: con 40 chli di meno sul groppone e intorno ai fianchi, magari, ma pur sempre "obeso dentro", nel cervello, nelle risposte istintuali, nell'ipotalamo. Si suole dimenticare, infatti, come quella alimentare sia molto sovente una inconscia valvola di sfogo, spesso irrinunciabile, allo stress, alle preoccupazioni, alle frustrazioni e ai fallimenti della nostra vita, una forma primordiale ed essenziale di piacere, quella più prolungata e in fondo facile -oggi- da raggiungere. E che, per di più, poggia su un istinto ancestrale proprio di ogni mammifero (dall'orso, al ratto, allo scoiattolo, all'orca, all'ornitorinco, alle scimmie antropomorfe, al porcospino), da milioni di anni a questa parte: riuscire ad accumulare scorte di energia, quando si può, da tenere buone per i periodi di "magra", è cosa che tranquillizza.

    Il cibo e ciò che ci ruota attorno, del resto, fa parte integrante delle "culture" -in senso lato intese- dei popoli della terra: un giapponese si sentirà parte della sua Nazione anche per "quello" che mangia, e per "come" lo mangia. E lo stesso avviene per un italiano, un brasiliano, un inglese, un thailandese, un cinese mandarino. L'atto del "Mangiare" è uno dei capisaldi irrinunciabil del nostro essere, nel profondo, "uomini", nel senso più completo del termine. Che si sia credenti oppure no, l'immaginario collettivo delle origini ebraico-cristiane di tutta la civiltà europea, e occidentale in generale, è intrisa nel profondo di immagini ed allegorie legate, in qualche modo, a concetti connessi al cibo (o al suo analogo opposto, ovvero il digiuno religioso penitenziale dei cattolici, e anche, se vogliamo, il "Ramadan" dei musulmani: l'esistenza di forme codificate di "digiuno", imposto come sacrificio obbligato da rendere al Divino, rappresenta essa stessa testimonianza diretta dell'importanza enorme che riveste l'atto del "mangiare" nella psicologia collettiva delle società di tutti i tempi). La vita terrena di Adamo ed Eva inizia, per l'antico Testamento, con l'aver mangiato, insieme, del "frutto proibito del Bene e del Male" (libro della "Genesi"). Per il Nuovo Testamento, l'esistenza divina, su questa nostra terra, di un ancora adolescente Gesù di Nazareth fattosi uomo, si apre con il "Miracolo della trasformazione dell'acqua in vino" (Nozze di Canaan, dal vangelo secondo Giovanni); e l'esistenza terrena di Cristo Gesù ("Christos" vuol dire, per l'appunto, "unto" -l'ebraico "Messia"- con l'olio del Signore) si chiude con "L'ultima Cena" (descritta nei Vangeli di Matteo, Marco e Luca, e poi "divinamente" dipinta -tra gli altri- da Leonardo da Vinci). In mezzo, allegorie alimentari a piene mani (del resto, in che cosa consisterebbe, altrimenti, il "mangiare" l'Ostia Consacrata del Sacramento dell'Eucaristia, se non nell'"inglobare" l'oggetto dell'Amore Supremo, nel "nutrirsi" di esso?), la parabola del "Figlio Prodigo" (con l'uccisione "festosa" e beneaugurante del vitello grasso -da parte del padre reso felice dal ritorno del figlio-, così come descritta nel Vangelo di Luca), e l'altro universalmente noto miracolo della "Moltiplicazione dei pani e dei pesci" (riportata sia nei tre testi sinottici degli Evangeli canonici, che in quello di Giovanni). Anche per sfuggire alle persecuzioni imperiali, i primi cristiani usavano raffigurare Gesù Cristo come un pesce stilizzato (pesce, in greco classico Ichtiùs, acronimo che sta per «Iesus Christos Theoù Iuiòs Sotèr», ovvero "Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore"): ne è rimasta chiara traccia, oggi, nelle nostre abitudini iconografiche (e dolciarie!!) legate alle festività natalizie e pasquali (la "pasta di mandorle" dovrebbe ricordare qualcosa ad ogni autentico leccese). E' risaputo, del resto, che «I grandi affari -politici e/o economici che siano- si concludono a tavola» (le "stanze dei bottoni" servono, in genere, per le firme formali conclusive): a tavola ci si apre e confida infinitamente di più che alla scrivania di un ufficio (e poi i fogli di carta, nelle vicinanze della cucina, rischierebbero impresentabili schizzi d'olio e macchie d'unto). Ad una persona che ci produce intime sensazioni di amore, affetto, desiderio, usiamo comunemente dire «Ti mangerei, dal bene che ti voglio», ovvero "Ti ingloberei, vorrei diventare una cosa sola con te". Mangiare è questo, è pulsione interiore, piacere, anzi, amore per il piacere, cosa molto più profonda che l'atto obbligato di soddisfare fame fisica. Dal punto di vista della filogenesi l'Homo Sapiens non è cambiato in nulla, in questo, dai tempi dell'età della pietra. Solo, l'evoluzione culturale si è manifestata come molto più rapida rispetto a quella darwiniana, biologica: come 100.000, e 20.000, e 5.000 anni fa, continuiamo ad accumulare rassicuranti scorte endogene per tempi di carestia, i quali tempi, però, nel mondo occidentale moderno (prego informarsi di ciò che accade negli USA, con modelli alimentari ai quali ci stiamo, purtroppo, avvicinando dappresso) semplicemente... non ci sono più. Ma questo il nostro ipotalamo non lo sa, troppo lontano com'è dalla corteccia razionale che lo circonda. Ora, immaginare di riuscire a controllare queste pulsioni ancestrali, vere e irrazionali come vero e irrazionale è il primigenio impulso sessuale che guida la riproduzione della specie (e che poi è ciò che ha permesso a quella umana di perpetuarsi sino all'oggi), esclusivamente con "mezzucci" meccanicistici, rigidi e "pulitini" come le diete ipocaloriche, spinte dalla classe medica nella sua maggioranza (anche in persona di colleghi incorreggibilmente obesi!!!), e rimaste in voga (e regolarmente fallite) da 60 anni in qua, è, con ogni chiarezza, pretendere l'impossibile. Davanti alle sue "debolezze orali" (come amo chiamarle) prima o poi il soggetto obeso, fragile in partenza, cederà per forza di cose: è una lotta impari, e destinato alla sconfitta perpetua è ogni tentativo di resistenza basato solo sul controllo dell'intake. Con buona pace di migliaia di dietologi e nutrizionisti che hanno ingaggiato, amanti non ricambiati della "bilancia in cucina", una lotta titanica votata in partenza alla sconfitta (anche loro personale, visto che migliaia di nutrizionisti, in tutto il mondo, sono essi stessi sovrappeso): perchè qui il Titano contro cui combattere è il bisogno consolatorio, insopprimibile, primordiale, di mangiare, affiancato dalla perdita dell'altrettanto antico istinto, autoconservativo, di astenersi dai pericolosi eccessi di cibo. La fame è solo il mezzo di cui quel bisogno si serve, non certo la causa (quasi nessun obeso diventa tale per vera e propria fame, quanto meno NON per fame "fisica"). Se il mondo moderno non lo capirà, e non sceglierà di scendere nel suo stesso agone di lotta, e con le medesime armi, e i trucchi, e gli sgambetti dell'avversario, perderà sonoramente e definitivamente. E noi somiglieremo ogni anno di più all'americano tipo: ovvero, l'obeso cronico grave (il mio personale consiglio, a chi avesse qualche dubbio, è di provare a farsi una passeggiata per le vie di Manhattan, e guardare la struttura fisica media di tanti passanti), steso sul lettino dello psicanalista, ad aspettare il destino ineluttabile delle malattie (articolari, metaboliche, cardiovascolari, tumorali) connesse al sovrappeso. L'obesità è nemico potentissimo e scorretto, che ci attacca dal di dentro: dovremo convincerci, prima o poi, che per contrastarlo abbisogneremo usare armi altrettanto potenti, "furbe" e decise, non certo il fioretto delle "diete", o, quanto meno, non solo quello. Siamo medici: l'ultima cosa che vogliamo è di venire tacciati, anche solo velatamente, anche solo nella nostra segreta coscienza, di "omissione di soccorso": 40.000-50.000 decessi all'anno (a dir poco), nella sola Italia, per ragioni patologiche correlate in qualche modo all'obesità e alla connessa sindrome metabolica. Accettiamo che la metà delle pubblicità televisive (specie quelle proprie delle "fasce protette" indirizzate all'infanzia!!!) siano destinate a reclamizzare prodotti alimentari di tutti i tipi (regolarmente ipercalorici); poi prendiamo atto del fatto che la metà (LA META'!!!) dei brevetti che ogni anno vengono registrati nel mondo si riferiscano ad invenzioni le cui applicazioni pratiche saranno rivolte a far risparmiare in sempre maggior misura, all'utente-cliente, fatiche fisiche di ogni genere (l'automobile, l'aereo, il trattore, la posta elettronica, l'ascensore, la macchina per cucire, lo spazzolino da denti elettrico, la lavastoviglie, la scala mobile, l'elettricità, il cambio automatico: l'elenco è praticamente infinito), risparmio al quale poi tentiamo di surrogare pagandoci gli accessi in palestra; abbiamo trasformato la vita quotidiana e il mondo che ci circonda in quanto di più disumanizzante e lontano dalle necessità istintuali dell'uomo (il modello di società che abbiamo costruito sembra fatto apposta per sottoporre coloro ai quali è destinato alla frenesia e allo stress di invivibili "Tempi Moderni" -e non è casuale il richiamo a Charlie Chaplin-); e poi, alla fine della giostra, pretendiamo anche di combattere le conseguenze di tutto questo con la prescrizione di un po' meno calorie a tavola, e un po' più di sedute in palestra. E immaginiamo pure l'mpensabile come fosse nel concreto realizzabile, per il tramite di questa roba sola: di essere in grado, cioè, di averla vinta, col fioretto contro il cannone!!! E per pretendere, ostinati, l'impossibile, la classe dei nutrizionisti tradizionali volta lo sguardo dall'altra parte, e finge di non vedere una massa di "sfigati" i quali non vanno in spiaggia perchè si vergognano di un corpo che giudicano inguardabile, i quali annuiscono ai consigli di andare in palestra sapendo già che non lo faranno, i quali si deprimono nell'ostinarsi a cercare -invano- i "loro" vestiti nei negozi di abbigliamento per gente "normale", i quali al mattino s'improvvisano contorsionisti per potere allacciarsi le scarpe, e poi la sera guardano sgomenti, quasi fosse un destino ineluttabile, alle loro proprie gambe gonfie, alle caviglie edematose, al numero imprecisato di pastiglie che hanno dovuto ingurgitare durante il giorno che sta morendo; i quali, infine -ma potrei continuare-, dopo giornate di folli sacrifici, fatte di deprimenti e tristi privazioni a tavola, poi si ritrovano, silenziosi e solitari, a saccheggiare a notte fonda il frigorifero di casa inopinatamente aperto, con la coscienza, e l'amor proprio, e l'autostima, e il buon umore, e la fiducia, in mille e mille pezzi -pezzi che poi si fanno, con gli anni che passano, sempre più difficili da recuperare e rimettere insieme-. No, questa realtà (che "quasi" tutti -per non dire "proprio" tutti- i veri obesi conoscono, e soffrono in maggiore o minore grado: ma, comunque, soffrono) per loro non esiste, dal paziente si fanno schermo con il monitor del loro PC, su cui hanno installato un software elegantino di ultimo grido, sul quale hanno di nuovo investito denaro e -mal riposta- fiducia. No: di fronte al peso in discesa che si ferma, e non vuol saperne di ripartire, rispondono, al paziente che resiste, riducendogli ulteriormente il "quantum" della loro dieta (ne esistono pure di 600 calorie al giorno, e anche meno!!!), e cercando di imporgli l'incremento del numero delle sedute in palestra. Come se la risposta fosse lì, all'ombra del personal trainer, dopo essere passati dal personal computer. E poi ancora, messi di fronte all'evidenza dei successi altrui, si inventano di sana pianta danni del sondino e delle proteine che nessuno ha mai visto, e contestano qualunque metodo si discosti dalla loro ortodossia: basta che minacci di ridurre e mantenere stabile quel peso che con i loro costosi programmini di ultima generazione già non erano riusciti molte volte a raggiungere, sicuramente quasi mai a controllare. Un computer, con i suoi lindi numerini, e asettici, messo a guardia delle oscure pulsioni istintuali alberganti proprio nel profondo di quello stesso cervello di colui il quale lo ha, prima, imperfettamente progettato, e impropriamente, adesso, lo sta utilizzando... Bah!?!

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    Che, tra tanti soloni, il buon saggio, il generoso, il salace don Gino Bartali, facile profeta, avesse proprio lui ragione prima del tempo?

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    I singoli cicli della nostra N.E.LT. hanno sempre la durata di 10 giorni. Se il sondino viene applicato al mattino (vale a dire prima dell'ora di pranzo), il giorno di applicazione sarà conteggiato come primo giorno del ciclo; se il sondino viene applicato nel pomeriggio, il primo giorno del ciclo sarà considerato quello successivo.

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